martedì 30 settembre 2008

ACIDO TOUR FIRENZE 3 OTTOBRE

EDISON BOOKSTORE
>
> Piazza della Repubblica 27/r - 50123, Firenze
>>
> 03 Ottobre 2008 alle ore 21:00
> ACIDO LATTICO
> di Saverio Fattori
>
> (Alberto Gaffi Editore)
>
> Interverranno:
> Ciro Bertini e Pippo Russo
>
>

ACIDO INCONTRA STEVE PREFONTAINE

Grazie a Marco Tarozzi e alla sua splendida biografia, LA LEGGENDA DEL RE CORRIDORE uscita per i tipi della Bradipo Libri. In realtà il Prè stava da qualche parte del mio cervello, in un articolo tampone su un vecchio Atletica maneggiato da bambino. Nella mia ignoranza pensavo superficialmente che il vero “merito” potesse essere quello di non essere sopravissuto. Insomma, che quel tremendo schianto in quel maledetto maggio del 1975 avesse reso mito eterno un eccellente atleta come tanti, inciampato a soli 24 anni. Ma Acido sbaglia, troppa acidità. Il mio ricordo era legato a un’estetica che oggi sbiadisce, foto in bianco e nero, canottiere un po’ larghe sulle costole, gli atleti anni Settanta, baffi e capello lungo, come Franco Fava, Pippo Cindolo, Marcello Fiasconaro. Organismi perfetti e aspetto trasandato, coerente allo spirito ribelle di quegli anni. Così lontani. Maledettamente lontani. Porca puttana. Atleti gira mondo, così lontani da quel testa di cazzo Claudio Seregni l’io narrante di Acido, figura tragica e inutile. Il Prè incarna l’America che mi piace. L’atletica che mi piace. Poi partiva forte e correva al massimo, a tempo, per arrivare presto, prima che la crisi lattacida lo piantasse da qualche parte sulla pista. Anch’io nel mio misero corro guardando solo avanti. E faccio dei bussi memorabili. Io non perdo niente. Qualche figuraccia. Il Prè ci rimise una medaglia a Monaco ’72. Il destino gli deve qualcosa, una fottuta rivincita. A Montreal quattro anni dopo avrebbe rincorso quel vichingo col sangue nuovo e fresco che correva come un ragioniere e andava forte solo quando doveva andare forte. E forse nei 10 000 il Prè avrebbe stroncato il ragioniere vichingo.
Se di questa storia ne sapete poco o nulla, o non abbastanza, se vi ho confuso solo le idee, leggetevi il libro di Tarozzi.

scheda libro

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giovedì 25 settembre 2008

DANILO MAZZONE SU ACIDO (PODISTI.NET)

L’acido lattico è il Peccato Originale del podista: il primo podista che osò andare forte fu punito da Dio con la comparsa, nelle sue preziose fibre, di un veleno più pericoloso delle neurotossine iniettate dal serpente a sonagli. Ma il veleno può essere anche il limite, la sottile lama del rasoio che è lì, latente, impaurisce ma seduce il protagonista di “Acido lattico”, un libro scritto dal bolognese Saverio Fattori, corridore per hobby egli stesso, presentato recentemente al Festival Pd di Genova, e seguito da uno stimolante dibattito.

TANTI TEMI

Tanti i temi suscitati dalla presentazione del libro, che racconta la vita di Claudio: “personaggio negativo, razzista, alla perenne ricerca di un ordine nella sua vita fittiziamente creato da programmi di allenamento, tabelle, esasperazioni, corse”, come sottolinea Riccardo Grozio, presidente dell’associazione “Genova inedita”. Insomma una “dark side” dello sport: “In realtà - dice Fattori, 40enne scrittore - più che carnefice è una vittima di una società dove, a 25 anni, un giovane se fa sport non po’ essere che un campione. Certi atleti sono obbligati a allenarsi tre volte al giorno. A quel punto, la sciagurata scelta chimica dell’aiuto farmacologico, del doping, è a un passo”. “Il libro è destinato a suscitare dibattiti e polemiche - dice Sergio Giuntini, milanese, storico dello sport - perché fa dei riferimenti storici all’ambiente dell’atletica lombarda degli anni ottanta dove, a alto livello, era praticata l’autoemotrasfusione”.

ATLETICA MALATA?

“Il nostro è stato il primo ambiente a sollecitare controlli antidoping - sottolinea Paolo Boretti, presidente della Fidal ligure - e adesso la situazione è migliorata. Si ha più difficoltà a fare certi risultati anche perché non si sfugge ai controlli. Inoltre lo sport è cambiato, la propaganda di sport di fatica presso i giovani è più difficile. Con tutto questo, mi inferocisco se qualcuno, ad esempio, nel caso di Brugnetti (5° nella marcia alle Olimpiadi-ndr) parla di delusione. La vittoria di Schwazer non è stata poi così valorizzata dai media. E’ anche un discorso di questo tipo”. Il libro, insomma, è intrigante perché lega la vicenda personale dell’eroe negativo perennemente insoddisfatto, al punto da consultare su Internet, con uno spirito quasi voyeuristico, le carriere degli atleti “falliti” (esorcismo della cattiva forma?), con una fetta di storia del mezzofondo italiano. L’ossessione quotidiana, ma rassicurante, della corsa contro la precarietà opaca del presente. La vita è anche questo.


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ACIDO IN TOUR ROMA 26 SETTEMBRE

26/09/2008
Roma. Fattori al Flexi

ore 20.00, libreria Flexi
via Clementina, 9

Monica Mazzitelli presenta il terzo
libro per la Gaffi di Saverio Fattori

interverrà Chiara Valerio

Niente Casaglia - San Luca venerdì 26 settembre. Le salite non mi sono mai piaciute. E' già un massacro correre in pianura. Figurarsi. Sabato 26 al Flexi sarà una bella presentazione. Me lo sento.

Tutta discesa. Da spaccarsi le gambe se la prendi troppo alla leggera.

...

mercoledì 17 settembre 2008

CHIARA VALERIO SU ACIDO (NUOVI ARGOMENTI)

Chiara Valerio è cresciuta a Scauri (LT) vive a lavora a Roma. E' redattore di Nuovi Argomenti e collabora a Nazione Indiana. Il suo ultimo romanzo è Ognuno sta solo (Perrone, 2007). Nel 2008 è stata selezionata per il Festival della Letteratura di Mantova.
La rece di qui si sotto non so se me la merito. Non sto facendo il paraculo. Me lo sto chiedendo davvero.




Non ho una vita di scorta
L'atletica ha un potere narcotico. E si prende tutta la mia vita, il
resto è corollario al punto centrale: il giorno della gara. Sara non
ha consapevolezza nemmeno di questo. Un atleta evoluto ha bisogno di
una fidanzata tranquilla e con poche pretese. Di modesta intelligenza,
l'aspetto fisico è secondario, anzi è preferibile una tipologia di
femmina poco appetibile per gli altri giovani maschi. Si evitano
escursioni emozionali. (…) È tristissimo. Pare davvero che l'energia
vitale sia quasi interamente esaurita dalla corsa. Acido lattico è un
romanzo maschio e rancoroso. È bello senza ritenzione idrica e sfoggia
muscoli ben definiti. Con potenziali di miglioramento valutati e poi
cronometrati. Acido lattico è la storia di una disfatta. Sempre
perennemente annunciata, cercata, evocata e alla fine ottenuta. Noi
atleti siamo esseri commoventi. Stupidi. Molto stupidi. Ci
affezioniamo alle scarpe. Che si possa tagliare un traguardo a mani
basse tenendo in mano sacchi neri zeppi di diciassette paia di scarpe
e di tute più care di fratelli o sorelle, della vita di prima che pure
è l'unica possibile, fa parte della magia narrativa di Saverio
Fattori. Il fatto di correre forte da bambino mi ha rubato l'infanzia.
Poi l'adolescenza. Correvo oltre, ero sempre nel posto sbagliato. Al
centro di questa storia, quasi sempre in pista, c'è Claudio Seregni,
classe millenovecentottanta, promessa dell'atletica italiana e di se
stesso. Ossessionato dalle potenzialità che possono non attualizzarsi,
che non si attualizzeranno. È statistica. Claudio raccoglie minuzie,
colleziona, cerca brandelli di storia personale in mezzo al grande
flusso delle vicende del resto del mondo. Come tutti o quasi. Solo che
il resto del mondo, nella narrativa di Fattori, è sempre scisso,
monadico, costituito da altri uomini e soprattutto da altre debolezze.
Qualcosa che sfugge alla mia natura votata al malumore e al fastidio.
Claudio Seregni che pure dice di non amare la fotografia perché la
vita è così lineare che non bisognerebbe trattenerne proprio nulla, si
circonda di icone, debacles di altri atleti, o mezzi atleti, ferma
l'immagine lì dove la promessa s'è rivelata conato, o spasmo e poi s'è
persa. Non c'è ricircolo tra il mio corpo e l'universo. Seregni
Claudio, classe millenovecentottanta, vive in una galleria muta di
belle speranze sempre avariate mentre Acido lattico, classe
duemilaotto, galleggia affilato in un italiano pieno di sospensione e
quasi di poesia pur tra i termini tecnici e le considerazioni
urticanti di un personaggio fascio e disperato, omofobo e reazionario.
Fattori, con occhi itterici e cerchiati di viola, e una penna
inclemente descrive un mondo di fatica non necessaria ma ariana e
regala una lettura ripida, documentata e verosimile di un mondo
avvizzito sulla mancanza di sponsor, confuso da tutti coloro che non
vogliono invecchiare, un mondo di uomini per uomini, e in indefinito,
perenne confronto con approssimazioni che non dovrebbero esserci per
tutti quelli che, per diritto di nascita e abnegazione, possono sedere
al desco degli dei. Non so chi sei. Vorrei solo che ti scordassi di
questa storia, che in ogni caso non è la tua storia. C'è dolore.
Davvero troppo dolore. Anche per me, che di dolore mi nutro.

Il blog di Chiara Valerio

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STEFANO LOLLI SU ACIDO (Il Resto del Carlino edizione di Ferrara)

Stefano Lolli in gioventù è stato un velocista da 10.9 sui 100. Oggi corre le podistiche nella provincia di Ferrara. Noi podisti siamo annidati ovunque. Se ci coalizzassimo un una frangia estremista rovesceremmo qualunque regime. Siamo tanti, siamo rigorosi, metodici, moderatamente folli, usiamo termini gergali che ci impermeabilizzano rispetto al resto della popolazione. Non siamo fascisti, intendiamoci. Almeno nel mio caso. Lolli mi ha ragalato un 1.10 sulla mezza maratona che non ho mai corso. Ho 1.12.57 del 1996, oggi corro sull'1.16.

Ecco la recensione:


«SONO TERRORIZZATO. Non ho una vita di scorta. La mia decisione di iniziare un trattamento farmacologico serio è stata inevitabile. Non posso permettermi codici etici, non posso permettermi di fallire dopo i risultati ottenuti nelle categorie giovanili». Duro, aspro come la fatica della corsa, doloroso e sofferto: ‘Acido Lattico’ di Saverio Fattori — oggi alle 18.30 presentazione con Girolamo Di Michele e Feltrinelli alla Feltrinelli di via Garibaldi — è un romanzo importante, scritto con intensità. E pubblicato dall’editore romano Alberto Giaffi. Un libro forte, dedicato idealmente a chi pensa che l’atletica «non è vita all’aria aperta, non è la maratona di New York nè il calcetto del mercoledì, non è la playstation ma disciplina e utopia, e sofferenza in piccole dosi». La stessa che l’autore, atleta di talento nella vita, ha sperimentato in gare, allenamenti, verifiche personali e non solo: attraverso questa lente ha ricostruito la vita (tutt’altro che immaginaria) di Claudio Seregni, anzi... Seregni Claudio come si legge nelle liste degli iscritti alle gare atletiche e podistiche. Una vita risucchiata «nell’inferno della perfezione inutile»; una vita inghiottita dall’illusione del doping. Con una scrittura asciutta, scandita a tratti dal cronometro che regola i suoi allenamenti e le sue gare (Fattori, originario di Molinella, corre spesso e vince bene anche nel Ferrarese), dopo l’esordio di ‘Alienazioni padane’ e ‘Chi ha ucciso i Talk Talk?’ il giovane autore indaga i protagonisti di un mondo sportivo fatto di sogni e di disperazioni. Di limiti fisici («E’ profondamente ingiusto che un atleta si ammali. Il suo organismo ha retto e riprodotto prestazioni fuori dalla norma e non può cedere minato dagli stessi agenti patogeni che debilitano l’umanità media»), di limiti relazionali, di sogni, di ambizioni, di utopie. Non si tratta però soltanto dell’ennesima denuncia-choc sul mondo del doping (in questo caso nell’atletica e nel mezzofondo in particolare), ma di un viaggio condotto con rigore, senza falsi moralismi: il giudizio di Saverio Fattori è esplicito ma nei fatti, nella trama piuttosto che nelle sottolineature. Non si tratta, spiega, di un libro autobiografico, ma scritto dopo un inevitabile confronto con la ‘zona grigia’ fatta di atleti che corrono un po’ più forte o un po’ più piano di lui (comunque capace, nella vita, di realizzare tempi attorno all’ora e 10 minuti nella mezza maratona...), e che ad un certo punto trasformano la curva in un rettilineo. «Sei arrivato a 28’45’’ nei diecimila con il solo aiuto di integratori per bambini inappetenti — dice ad un certo punto l’allenatore al protagonista del romanzo —. Con un po’ di ‘benzina buona’ vedrai. Sei davvero uno degli atleti su cui si punta per Pechino». Inevitabile il dramma. Inevitabile il disincanto ed il distacco: dal mondo, prima ancora che dallo sport. Perchè ‘Acido Lattico’ (riferimento alla fatica che impasta i muscoli di chiunque corra, dall’ultimo dei podisti al grande Stefano Baldini) è anche un romanzo di sentimenti. Forti, roventi. Lacerati. «Noi atleti siamo esseri commoventi. Stupidi. Molto stupidi. Ci affezioniamo alle scarpe».

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venerdì 12 settembre 2008

ACIDO TOUR FERRARA 16 SETTEMBRE

Alle 18, alla Feltrinelli di via G.Garibaldi 30/A. Mi affiancheranno Girolamo de Michele amico scrittore e Fausto Molinari ex atleta di livello nazionale. Mi sono fatto mandare il curriculum da Fausto, per altro di tutto rispetto anche nelle note extra atletiche. Ma la mia attenzione e la mia invidia di eterno semi-tapascione-cagnaccio si sono concentrate sui primati personali. Noi podisti siamo un po' tutti psicopatici.

B.P. In Pista 1.500 - 3’50’8 (1982) / 5.000 - 14’04’’( Cesenatico 1989) / 10.000 – 29’12’’ (Rubiera 1992)
Su strada ½ maratona 1h03’46’’ (Stramilano 1990) / Maratona 2h14’58’’( Carpi 1990)

Porca puttana...

Il panorama contemporaneo del mezzofondo italiano oggi è talmente squallido (13.45 la migliore prestazione stagionale italiana sui 5000...)che uno come lui oggi si stancherebbe di vincere gare.

Mi chiedono spesso cosa c'è di Claudio Seregni in me. Non certo il livello, il mio personaggio è vicino all'eccellenza come lo è stato Fausto. Io no. Avrò un sacco di cose da chiedere a Fausto. Poi Girolamo de Michele mi ha sconvolto, sa tutto di atletica, Giro sa tutto di tutto.

Penso che non sarà una presentazione pallosa.

ACIDO TOUR GENOVA 13 SETTEMBRE

GENOVA INEDITA
PRESENTA ALLA FESTA UNITA' DEMOCRATICA - FIERA DEL MARE-MARINA NUOVA
SABATO 13 SETTEMBRE ORE 18,30, SPAZIO LA RIUNDA

ACIDO LATTICO
(Gaffi Editore)
DI
SAVERIO FATTORI

UN AVVINCENTE NOIR
SU DOPING E ATLETICA
IN UNA SOCIETA' MALATA DI SUCCESSO


INTERVERRANNO CON L'AUTORE

GIORGIO CIMBRICO, GIORNALISTA SPORTIVO
SERGIO GIUNTINI, STORICO DELLO SPORT
PAOLO BORETTI, PRESIDENTE FIDAL LIGURIA

COORDINA

RICCARDO GROZIO

mercoledì 10 settembre 2008

ACIDO PERDE STEFANO MEI PER AREZZO

Non potrà intervenire Stefano Mei alla presentazione di Arezzo di domenica 14 settembre,
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impegni di lavoro si sono messi di mezzo. Mi dispiace per i mille comunicati sparsi in rete, non c’è stato dolo, solo sfiga. Rimane fermo l’appuntamento e la sua presenza alla libreria MEGAForlì mercoledì 15 ottobre alle 18. A presentare Acido ad Arezzo ci sarà David Mattesini giornalista freelance, impegnato nel mondo della cooperazione internazionale. Al momento collabora con La Nazione e come corrispondente dall’Italia con alcuni quotidiani tedeschi, è vicedirettore del settimanale “Arezzo” (settimanale locale). Ha collaborato con Dossier Lombardia (periodico di economia e management). Coautore del libro d’inchiesta politico-giudiziaria “Mattone su mattone, Variantopoli istruzioni per l’uso”, con prefazione a cura del professor Pancho Pardi. A parte il fatto che non ha mai corso i 10 000 metri sotto i 28 minuti tutto il resto gira bene. Nenche io ho mai corso i 10 000 metri sotto i 28 minuti.

ecco la rece di David uscita sull'edizione di Arezzo de La Nazione




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BOOKSBLOG.IT SU ACIDO (Roberto Laghi)

Roberto Laghi
Editor e giornalista, classe 1978. Romagnolo d’origine, bolognese di passaggio e attualmente romano di domicilio. In rete da più di undici anni, lavora tra giornalismo e web, con qualche sortita nei mondi dell’editoria e della radio e collabora a diverse testate on- e off-line.

Ha pubblicato un paio di racconti nelle antologie “Tutti giù all’inferno” (Giulio Perrone Editore) e “Io & Tondelli” (Edizioni Il Foglio). Vegetariano convinto, ama perdersi tra le colline in mountain bike. E’ sub-caporedattore della webzine Z.t.l. e Festina lente è il suo terzo e, forse, definitivo blog.

ACIDO LATTICO:QUANDO LO SPORT E' DOPING


E’ bello e intenso, Acido Lattico, ultimo romanzo di Saverio Fattori. E di estrema attualità. Con l’overdose sportiva di questa estate (prima gli Europei di calcio, poi le Olimpiadi cinesi) e ancora prima, persi tra Giri d’Italia e Tour de France, abbiamo sentito parlare di doping, tra scandali e alzate di spalle, “che tanto lo fanno tutti”.
Anzi, è chi si fa beccare che è poco furbo, i media sacrificano periodicamente una vittima sull’altare mediatico e sotto, in fondo, rimane sempre tutto uguale, a ogni livello. Ed è proprio questo che ci racconta Fattori, lucidamente, da dentro, dall’allenamento per l’atletica di quei ragazzi che hanno qualche numero, future promesse dello sport, in mano a preparatori e medici, sempre sotto pressione e in competizione.
Claudio Seregni è una promessa per l’atletica italiana. Corre. Vuole arrivare davanti a tutti. Sempre. Dalle prime pagine non riusciamo a provare simpatia per lui, fa di tutto per respingerci, pensa solo a correre, a migliorare i suoi tempi e a collezionare biografie di atleti che hanno fallito. Ha in testa le Olimpiadi di Pechino: se il fisico non ce la fa, la chimica aiuta.

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lunedì 8 settembre 2008

PANORAMA.IT SU ACIDO (Jadel Andreetto)

Jadel Andreetto è la "J" del clan Kai Zen progetto che ha partorito tra le altre cose LA STRATEGIA DELL'ARIETE uscito per Mondadori. Se dovesse rinunciare al suo dilettantismo è nell'urlo che vorrebbe specializzarsi.


ACIDO LATTICO: IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA IN LIBRERIA



Riparte il campionato, le Olimpiadi sono già un ricordo in via di sbiadimento. Gli atleti che soffrono, piangono, ridono, le immagini pechinesi di epici eroi in lotta contro i limiti, contro la fatica; sani, puliti e lontani dalla miseria umana dello showbusiness. Eppure sul comodino c’era qualcosa che stonava, che disturbava la diretta televisiva, che smorzava l’ardore della fiamma olimpica. I volti degli atleti acquistavano all’improvviso un’altra espressione. Infelice e artificiale. Sul comodino c’era Acido Lattico (Alberto Gaffi, 158 pagine, 11 euro) di Saverio Fattori.
Una narrazione algida, impietosa che sonda, attraverso lo sguardo del protagonista Claudio Seregni, il lato oscuro dello sport e in particolare dell’atletica leggera. I toni sono quelli del noir psicologico e la tensione è quella del thriller: il risultato è una lama nei tendini, una rasoiata nei tessuti e nel corpo di un Italia senza riscatto morale, incapace di qualsiasi impegno etico, nemmeno in quello che veniva considerato il più pulito, il più sano, il più umile e contemporaneamente nobile degli sport. Lo sguardo cinico, asociale e freddo di Seregni non dà scampo e non risparmia nessuno, nemmeno i dilettanti alle prese con la maratona di New York o i superatleti alle prese con l’Ironman. Panorama.it ha incontrato l’autore, che con Acido Lattico è alla sua terza prova, in copyleft.
Claudio Seregni corre, ma anche Saverio Fattori corre… Come nasce Acido Lattico?
Era inevitabile. Ho due passioni che non mi danno da mangiare ma che definire “Hobby” non farebbe giustizia. Mi occupo di letteratura e pratico atletica e podismo (e scrive , tra l’altro, sul mensile “Correre” n.d.r.). Non a livelli altissimi, sono un middle class in tutte e due queste attività. Sono due “cose” molto pesanti che non danno tregua e lasciano tossine. Per correre a livelli decenti devi farlo praticamente tutti i giorni, in agosto non ti conviene stare fermo un mese, tornare in forma sarebbe troppo complicato. E non c’è un giorno della mia vita che non faccia qualcosa di attinente alla letteratura. Da qualche parte dovevano fondersi, il mio cervello deve averci girato attorno qualche anno prima di posarsi sull’embrione di Acido Lattico, ma poi il gorgo mi ha risucchiato. Non è stato un flusso inarrestabile, un Fuoco Sacro, ma la storia ha preso una forma propria quasi indipendente dalla mia volontà. Oppure era già tutta dentro di me e non ne avevo piena coscienza. “Acido” nasce dall’amore-odio per l’atletica e dall’amore-odio per la letteratura. Io corro a livelli più bassi rispetto a Claudio Seregni, mi sono scelto un alter ego molto più forte. È molto più stronzo, all’inizio della storia è un individuo agghiacciante. Potrebbe essere tra i potenziali olimpici di Pechino. Potrebbe, non è così chiaro. Ho gareggiato da bambino e dai venticinque anni in poi, quindi non sono mai stato una promessa come lui, ho immaginato proprio la parte di carriera che nella realtà mi manca.
In pochi si sono cimentati nella “narrativa sportiva”….
Male, i potenziali lettori di un romanzo che si occupa di queste tematiche sono davvero tanti. I giovani non praticano l’atletica, la crisi di vocazioni è tragica, ma i podisti over-35 che affollano le maratone domenicali sono un numero sterminato, in genere sono persone di cultura media che leggerebbero con interesse un romanzo con le tematiche di Acido. Sto avendo buoni riscontri anche durante le presentazioni. Ovviamente avendo pubblicato per un piccolo editore non troveranno pile di Acido Lattico in libreria, dovranno ordinarlo, dovranno sbattersi e fra qualche mese potranno scaricarlo da internet. In precedenza in Italia solo Mauro Covacich per Einaudi aveva scritto un libro di questo genere, A perdifiato, un romanzo ottimo, molto convincente. Il tema del doping è comunque molto morboso, la trasformazione del corpo, l’illusione della sospensione della performance e conseguente rimozione della vecchiaia e della morte. Nervi scoperti nella nostra società. Poi la maratona di New York ha una valenza di feticcio, secondo me a poco a che fare con l’Atletica Leggera. Molto con le Agenzie Turistiche.
Come si è documentato?
Su internet trovi di tutto, poi avevo un collega culturista che mi parlava del GH, come dell’Elisir della giovinezza. Nel 1989 uscì un testo illuminate di Alessandro Donati e Antonello Sette, Campioni senza valore, con la scusa del caso Ben Johnson parlò molto di certe pratiche in Italia. Acido Lattico accenna al doping di Stato praticato in Italia negli anni Ottanta e ben descritto nel libro sopraccitato, ma senza l’intenzione di farne un report giornalistico o una Crociata Etica. Il mio non è un diario del doping. È fiction pura nella trama in una ragnatela di fatti veri o molto verosimili. Ci sono già stati processi su certi fatti e certi personaggi e buonanotte. Nulla da aggiungere. La pratica dell’autoemotrasfusione mi è sembrata molto “letteraria”, tutto qui. Penso di poter essere alla giusta distanza per cercare una descrizione credibile dei fatti. Né colluso, né inconsapevole. È un testo con una sua complessità, non giustifica il doping, né si fa illusioni. Non possiamo pretendere che lo sport professionistico sia il nostro giardino incontaminato. Vogliamo l’epica dei ciclisti che divorano passi dolomitici, vogliamo eroi sempre più invincibili. Poi ci strozziamo di indignazione e maccheroni davanti ai titoli dei telegiornali massimalisti. In realtà ho pena dei ciclisti dopati, non riesco ad odiarli. A ma basta leggere certi programmi di allenamento per capire che sarebbe molto difficile recuperare certi lavori senza l’aiuto farmacologico.
Perché copyleft?
Perché quando una persona mi dice che ha letto il miei libri precedenti (Alienazioni Padane e Chi ha ucciso i Talk Talk?) dopo averli scaricati, sono sinceramente felice. Non di meno che se li avesse comprati in libreria. Per me la felicità e uguale. E poi io alla rete devo tutto.

http://blog.panorama.it/libri/2008/09/07/acido-lattico-il-rovescio-della-medaglia-in-libreria/

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sabato 6 settembre 2008

ADNKRONOS CULTURA SU ACIDO

IL DOPING NEL ROMANZO 'ACIDO LATTICO' DI SAVERIO FATTORI

Roma, 6 set. - (Adnkronos/Adnkronos Cultura) - Un romanzo in cui rappresentare il discusso mondo dello sport professionale. Un racconto che descrive le ossessioni, le paure e le virtu' degli atleti pronti a tutto pur di raggiungere nuovi traguardi. Ecco cosa propone lo scrittore Saverio Fattori nel romanzo ''Acido lattico'', pubblicato da Alberto Gaffi editore.

Lo spunto da cui Saverio Fattori prende le mosse e' rappresentato da un misterioso suicidio. Un suicidio che gli offre l'opportunita' di descrivere il mondo spesso oscuro, incomprensibile ed enigmatico dello sport professionistico. L'io narrante, Claudio Seregni, interpreta i tratti negativi di un atleta votato soltanto al successo: un obiettivo che persegue con tutte le sue forze sacrificando la moralita' e la sua salute fisica. E' cinico, ingiusto, ossessionato dal timore della sconfitta. Subisce un'esistenza grigia e tetra. Entrato in contatto con Clara, un'atleta onesta e virtuosa, si confronta con il suo 'contrario'.

Da qui nasce il suo desiderio di conoscere meglio una donna sfortunata che, dopo una carriera incerta, prova ad abbracciare un destino diverso. Abbandona, infatti, l'agonistica dedicandosi agli studi umanistici. Clara, pero', prima di incontrare Claudio, si uccide. L'ansia del successo, intanto, divora il protagonista del libro. Mano a mano perde ogni forma di controllo ignorando l'etica agonistica. L'atleta si trasforma, cosi', in una vittima inconsapevole dello sport estremo. Si lascia attrarre dal doping, una frontiera che valica senza troppe remore. In questa chiave il romanzo di Fattori studia, con grande realismo ed efficacia, un microcosmo difficile, duro, senza esclusioni di colpi. I suoi protagonisti, appassionati soltanto dalla corsa, si muovono sullo sfondo del miraggio delle Olimpiadi di Pechino.

Il microcosmo di Fattori e' alimentato dal desiderio di conquistare onori e mete anche a costo di rompere ogni regola ricorrendo al doping illegale. ''Saverio Fattori - scrive nella prefazione Daniele Menarini - affonda il bisturi del realismo, rivelando un archivio personale molto attrezzato di letture ed esperienze sul campo in parte concentrate in quel microcosmo di entusiasmo che si accese in Emilia Romagna tra la seconda meta' degli anni Ottanta e la prima dei Novanta''.

http://www.adnkronos.com/IGN/Cultura/?id=1.0.2465380752

giovedì 4 settembre 2008

ACIDO INTERVISTA STEFANO MEI

Poche balle, per quelli nati come nel '67 rappresenta il talento assoluto nel campo del mezzofondo, il diamante grezzo (poi lavorato alla grande da Federico "Chicco" Leporati)che ha raccolto un po' meno di quello che avrebbe meritato. E questo lo consegna definitivamente al Mito. In Acido è descritto e non nominato, come se evocarlo già fosse sacrilego. Poi Acido lo ha incontrato e intervistato in quel di Forlì. L'intervista è ospitatata su www.carmillaonline.com in appendice alla bella recensione di Girolamo De Michele uscita su Liberazione. Stefano Mei interverrà alla presentazione di domenica 14 settembre al Copyleft Festival di Arezzo http://www.copyleftfestival.net/ospite-2/domenica-14-settembre
e il 15 ottobre alla libreria MegaForlì alle ore 18.

Non è poco.

QUELLO E' PAPA' QUANDO ERA IL PIU' FORTE IN EUROPA

Intervista a Stefano Mei

Hai vissuto da protagonista l'Atletica di fine anni Ottanta. Il tuo titolo Europeo dei 10.000 metri risale a Stoccarda 1986. Cosa è cambiato in questo sport a vent'anni di distanza?
La cosa strana è che è cambiato meno di quanto si possa immaginare. Rimane lo sport più universale e semplice, fatto di gesti naturali che ci riportano alla nostra parte animale. Correre, saltare… il fatto che siano gesti così riproducibili e che non hanno bisogno di sovrastrutture rende tutto maledettamente difficile… difficile vincere medaglie a livello mondiale o olimpico, come abbiamo visto a Pechino. Una atleta del sud del mondo non avrebbe possibilità di salire su una Formula 1. Bolt è vicino dall’essere DAVVERO l’uomo più veloce del mondo. Più di quanto Schumacher possa essere potenzialmente il pilota più abile.
Si può ancora "inventare" qualcosa nelle metodologie di allenamento o tutto è affidato all'evoluzione genetica e alla farmacologia?
Io penso di si, anche se ho capito che tu vuoi sottintendere il contrario. Si può “limare”, fare prove, test, confrontare analisi dei dati, riconoscere gli errori, rischiare nuovi programmi di allenamento. E ‘questo il bello di questo sport, di ogni sport. Ci potrebbe essere confronto e competizione tra diverse scuole di pensiero. Come succedeva ai tempi di Cova, Antibo e del sottoscritto. Oggi c’è troppo fatalismo, non si sperimenta nulla, ci si affida troppo alla farmacologia e si è persa la fantasia delle cose normali. E pensiamo che i fondisti africani siano inattaccabili.
Quando penso a un atleta professionista, penso a parole come "disciplina" e "controllo". A una vita piuttosto triste, anche se oggi vediamo nuotatori e schermidori alimentare il gossip nazionale, sfilare in passerella. Comunque credo che un atleta professionista in generale possa concedersi poche variabili. Cerca di smontare la mia tesi... hai rimpianti? Soffrivi di privazioni? Scappavi spesso dalla pista di La Spezia e dal cronometro del tuo allenatore Leporati?
Io avevo fama di scansafatiche e scapestrato.Ero un bel ragazzo e qualche serata in discoteca non era un problema. Non mi sono fatto mancare nulla Ma in pista ero un professionista, mi affidavo completamente al mio tecnico Federico Leporati, in atletica non si inventa nulla, certo prediligevo i lavori agili, di velocità a quelli di resistenza, non mi piaceva fare troppi chilometri a ritmi mediocri, volevo la brillantezza e la qualità. La madre di Sebastiano, il mio primo figlio, era una maratoneta. I maratoneti per me sono "pazzi", non li capisco, arrivano distrutti vanno aldilà della mia idea di fatica. Forse in termini scolastici di me si poteva dire “il ragazzo potrebbe fare di più”. Non ero un secchione. Però mi divertivo...
I ragazzi africani dominano tutte la gare, dagli 800 alla maratona. Per non parlare del cross ( le corse campestri). Ho visto qualche iberico punteggiare di bianco la pattuglia nera. Andavano dal famigerato medico spagnolo... e se oggi fosse impossibile arrivare all'eccellenza mondiale senza usare il doping... prendila come una provocazione. Lo chiedo a te che sei stato forse l'atleta più dotato geneticamente che il mezzofondo europeo ha conosciuto (8.06 nei 3000 metri a 16 anni...)
Non è solo questione di doping, i ragazzi dell’occidente ricco hanno mollato l’atletica e tutto ciò che è fatica. Non voglio parlare solo di me, penso ad esempio a uno come Gennaro di Napoli, un talento enorme. Oggi uno come lui se la potrebbe giocare alla pari con i ragazzi di colore, magari nelle gare da medaglia, senza curarsi del record del mondo. Un di Napoli nella finale dei 1500 della finale di Pechino sarebbe salito sul podio.
Come erano i rapporti umani tra atleti? Nell’ambiente giravano voci, che si “curava” e chi no…
Beh, con Alberto Cova il dualismo era forte, oggi siamo amici, allora ci salutavamo appena. E’ naturale. L’egocentrismo di noi atleti è smisurato. Deve essere così. Al di là delle voci, c'è stato un periodo in cui pensavo che Alberto fosse davvero superiore a me. D'altronde era un atleta con una gran cervello e una grande personalità ed io, fino all'84, non sapevo leggere le gare con buona lucidità... Non è solo questione di organismo, come tu lasci intendere nel tuo libro. Poi di gara in gara gli arrivavo sempre più vicino, l’atteggiamento mentale rimane determinante, ho trovato fiducia e l’ho battuto.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un paio di casi di doping nel mondo della corsa su strada, due casi che mi sembrano rappresentativi. Niente doping di Stato, due "cani sciolti" arrivati al giro della nazionale (Barbi) e uno alla soglia (Petrei) affidandosi a medici personali. Non è che i "cani sciolti" sono sacrificabili? Esiste ancora in Italia un sistema doping di Stato? Ha ancora senso rischiare? Mi sembra che il materiale umano in Italia sia talmente mediocre nelle ultime generazioni che forse il rischio non vale la candela... nemmeno con l'Epo arriverebbero a battagliare nei grandi meeting mondiali con keniani e etiopi...
Sono stato membro per quattro anni del Consiglio Nazionale Coni e del Consiglio della Federazione di Atletica Leggera, in realtà, ufficialmente, non esistono “pianificazioni demoniache” a livello delle federazioni e del resto il Coni Spende molte risorse nell’Antidoping. Ma riconosco che tutto è su un filo, tutto è molto complesso, del resto il tuo libro è perfetto per descrivere certe dinamiche. Mi sembra piuttosto documentato e in generale è vicino alla realtà. L’uso di farmaci dopanti per un’atleta è davvero una forte tentazione. Molti atleti sono fragili, insicuri, bambinoni che si mettono in mano a stregoni dalla forte personalità che decidono per loro. Ma non credo che ci si possa difendere nel 2008 dopo che si è risultati positivi asserendo che non si era al corrente degli ingredienti di un certo integratore… fragili si, ma non deficienti. Se un atleta arriva a fare risultati da nazionale in tarda età, se va più forte a trent’anni che a venti… beh, forse qualche domanda la Federazione prima di convocarlo dovrebbe farsele. E fargliele… Molto poi dipende dall’allenatore, a livelli alti ne hai praticamente uno personale, che diventa un maestro di vita quasi in senso orientale. A me è toccato Federico “Chicco” Leporati che aveva un sua idea di atletica pulita, una specie di crociata. Forse abbiamo vinto poco, oggi lavoro non campo di rendita. Ma non ho rimpianti.

Non è un segreto che molto dello sport italiano ricorresse alle preziose “cure” di Conconi a Ferrara. E’ storia vecchia, ma tu come atleta che ha fatto scelte diverse è rimasta un po’ di rabbia?
Ferrara non è mai stato il mio problema. So che tu corri, ti sarai reso conto che in atletica si combatte contro sé stessi, contro i propri limiti. Anche ai nostri livelli funziona così. Ho fatto 13.11 nei 5000 "utilizzando" la vitamina C per scongiurare i raffreddori di cui ero spesso vittima. Per sintetizzare, nella settimana di Stoccarda ero il più forte...di tutti e non solo in Europa; questo lo racconto ai miei figli Sebastiano e Leonardo quando mi chiedono cos’è quella foto che tengo in casa appoggiata in fondo alla prima rampa di scale. E’ l’unica testimonianza che ho tenuto di quegli anni, le medaglie non so dove le ho messe, e non metto più le scarpe da corsa contro la pancetta. Quello è papà che era il più forte in Europa nel 1986. Con la vitamina C. E basta.
Pubblicato Settembre 3, 2008 10:41 AM | TrackBack

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martedì 2 settembre 2008

IL PASSO DEL CAMMELLO SU ACIDO

IL PASSO DEL CAMMELLO è una piccola realtà di agitazione sociale e culturale questa recensione è stata postata nella sezione INVITO ALLA LETTURA sabato, 23 agosto 2008


Acido lattico

Gaffi Editore

“Un romanzo sul lato oscuro dello sport” a quanto pare, il che farebbe di Acido lattico una narrazione mossa da certa attualità. In effetti, la trama suggerirebbe questo. Claudio Seregni, protagonista assoluto, ha ventotto anni, una fidanzata-suppellettile, un desiderio insostenibile di gareggiare a Pechino, e un’angoscia ancora più insormontabile di fare fiasco. In più, è accompagnato anche da una xenofobia non da poco, che lo rende timoroso e guardingo verso qualunque sembianza di differenza. Le sue giornate sono abitate da allenamenti estenuanti e svariate miscele dopanti, nonché da una ricerca maniacale sulle mancate glorie dell’atletica leggera, su quegli sportivi più che promettenti la cui carriera è stata però segnata da un fallimento inaccettabile. Sulla rete conosce una di queste ex promesse, Clara, sospettata, ai tempi dell’agonismo, di emotrasfusione. Ma proprio quando riesce a strapparle un appuntamento per chiarirsi dei dubbi, lei mette fine alla sua esistenza con un suicidio non prevedibile, abbandonando Claudio all’impellenza dei suoi interrogativi costretti ormai a restare tali. La trama, qui sintetizzata in modo estremo, di fatto potrebbe dar ragione a quanti hanno collegato l’ultima opera di Fattori alle Olimpiadi di Agosto, e a tutto il carico di sport inquinato che l’evento – non solo quest’evento - si è trascinato dietro. Ma ad una lettura più sottile, ci si rende conto di quanto ciò significhi ridurre l’intenzione narrativa per me più sofisticata dell’autore, che è atleta a sua volta ma per passione, e che in più conosce molto bene l’ambiente della fabbrica. Differenza notevole. Va sottolineata. Un atleta professionista o amatoriale – quest’ultimo è spesso più alienato- , per quanto armato di ottima penna, non avrebbe potuto rendere la meraviglia di un noir finto-sportivo e molto qualcosa d’altro. Perché la storia che Saverio intreccia ha per pretesto il mondo della sua amata corsa, ma per materia d’indagine la deriva dell’individualismo massificato. La corrente contemporanea, che ci impone perfetti ed efficienti a qualunque costo, trova alimento e vivificazione in un immaginario fatto anche di magliette che diano un’appartenenza, podi su cui salire per due minuti a placar coscienze per anni, medaglie da appuntare e poi incorniciare per avvertire il placebo di un risultato raggiunto e da replicare quanto prima, se non da ottimizzare. Ma non solo. Mille e più sarebbero i paralleli da rintracciare, in ogni dimensione lavorativa, anche nelle aree più creative e in apparenza distanti dalle ricerca del record fine a se stesso, che è cosa deliziosamente anestetizzante. Dopotutto, qualunque occupazione è routinizzata, da intensificare, e diretta alla sola produzione di un qualcosa, sia essa medaglia, fatturato, credito: la catena di montaggio ci ha ormai fagocitato l’anima. Siamo uomini in concorrenza, dunque, non in convivialità. Ci nutriamo degli errori degli altri, li agogniamo quasi. E quando ci obblighiamo a una mèta, abbiamo spesso un comitato di contorno in cui sono limpidi ruoli e compiti finalizzati al piazzamento, ma non più una comunità in cui di lampante ci sia solo la condivisione in libertà dei propri movimenti. Divisione organizzata delle attività. Ciò conduce alle diffidenze che conosciamo: qualunque nuovo ingresso non richiesto rompe meccanismi e dispositivi sociali, crea una confusione poco gestibile e impegnativa, e allontana dalla politica del risultato. Pericolosissimo. Così, si distruggono i giocattoli, quelli economico-politici su tutti. Per questo, narrando in apparenza di sport dopato, Saverio disegna le reclusioni, sia manifeste che implicite, della società attuale, dipendente non solo per mezzo di sostanze, ma soprattutto per ricerca ossessiva di uniformità. Offre, quindi, una ricetta di probabile rottura e buona resistenza: correre, o fare qualunque altra cosa crei solo puro godimento. Pensando, però. Se possibile: ponendosi domande. Perché farlo privi di interrogativi equivale a marciare dritti, come i soldati. E ai nostri angoli, di questi, ce ne sono ormai anche troppi. (s.r.)

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