venerdì 19 giugno 2009

"SUL ROMANZO" INTERVISTA ACIDO

Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.

Piuttosto tardi, nel 2001 più o meno, a 34 anni, frequentai un corso di scrittura con Stefano Tassinari, qualche raccontino l'avevo già scritto, ma da lì l'intenzione si fece più solida. Erano i giorno del G8 a Genova. Non so se definire fortuito l'incontro con la scrittura, ma era necessario passare a una fase attiva e creativa dopo anni di fruizione passiva di cinema, teatro, musica, letteratura, tutto assunto in forma disordinata e senza formazione scolastica.

Se consideriamo come estremi l’istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?

Non saprei. Ma devo cercare il punto medio, devo assolutamente cercare di far dialogare bene la mia parte cognitiva e quella emotiva, solo così posso scrivere cose decenti, solo così posso analizzare lucidamente quello che mi succede attorno e “vedere” davvero fatti e persone.

Moravia, cascasse il mondo, era solito scrivere tutte le mattine, come descriverebbe invece il suo stile? Ha un metodo rigido da rispettare o attende nel caos della vita un’ispirazione? Ce ne parli.

Purtroppo non ho un metodo. Non ho la televisione ma mi perdo davanti al pc, solo il primo libro (Alienazioni Padane, 2002 ) lo scrissi in un flusso di coscienza non interrotto da navigazioni, consultazioni, controllo mail e cazzeggi vari. Sono pigro e dispersivo, figlio di Facebook e You Tube. Però quando apro un documento succede il miracolo e qualcosa di soddisfacente riesco quasi sempre a costruirlo. È un momento magico. Rimango incredulo e se riesco a scrivere almeno un foglio A4, sento un rilascio di endorfine come se avessi corso un'ora. Se non lo faccio sono sensi di colpa.

Di che cosa non può fare a meno mentre si accinge alla scrittura? Ha qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?

Prima di iniziare un romanzo o un racconto lungo sgozzo un capretto e lo attacco alla libreria Ikea. No, scherzo. No nessun pupazzo, nessun mouse buffo, nessun rituale, nessun vezzo.

Wilde si inchinò di fronte alla tomba di Keats a Roma, Marinetti desiderava “sputare” sull’altare dell’arte, qual è il suo rapporto con i grandi scrittori del passato? È cambiata nel tempo tale relazione?

Quando leggo i grandi classici (ho dei buchi paurosi) mi viene da pensare a quanto siano eterni, sempre attuali. Questo è ovvio, capita a tutti. Ma mi è più utile dedicarmi a contemporanei importanti, nel mio caso Houellebecq è stato fondamentale, ai fini pratici, voglio dire. Per la lingua, per la visione del presente. Certo la natura umana ripropone dei meccanismi sempre identici che tagliano i secoli come burro.

L’avvento delle nuove tecnologie ha mutato i vecchi schemi di confronto fra centro e periferia, nonostante ciò esistono ancora luoghi italiani dove la letteratura e gli scrittori si concentrano? Un tempo c’erano Firenze o Venezia, Roma o Torino, qual è la sua idea in merito?

A Bologna vado spesso alla libreria Modo Infoshop, ci sono presentazioni serali praticamente tutte le sere, c'è un'atmosfera magica, un'ora fa ero là. La rete fa si che nessuno possa sentirsi (o vantarsi di essere) pienamente provinciale e periferico.

Scrivere le ha migliorato o peggiorato il percorso di vita? In altre parole, crede che la letteratura le abbia fornito strumenti migliori per portare in atto i suoi desideri?

Nonostante facessi una vita piuttosto sana (niente droghe, alcool, atletica agonistica) nei mesi invernali avevo una bronchite che sembrava tubercolosi, una tosse secca da uscire pazzo, la mattina dopo essermi lavato i denti vomitavo quasi sempre. Anche sangue. Nessuna spiegazione del disturbo e quindi nessun rimedio. La mia ragazza mi ha fatto notare che da quando ho cominciato a scrivere tutto questo è scomparso di botto. Come se avessi scaricato delle “negatività”, come se avessero trovato un “canale”. Magari sono cazzate e il caso ha giocato tutta la parte.

La ringrazio e buona scrittura.

GRAZIE A VOI

SUL ROMANZO

domenica 14 giugno 2009

LA GAZZETTA DI MANTOVA SU ACIDO (12/06)

Una storia forte e intensa che racconta con durezza e realtà il mondo dello sport. Acido lattico è un romanzo noir d’ambiente sportivo: indaga il mistero di un suicidio e la faccia oscura dello sport professionistico. L’atletica leggera a livelli d`eccellenza è preparazione estenuante e dedizione assoluta. L’io narrante è una brutta persona: razzista, cinico, ossessionato dalla paura dell’insuccesso. Per esorcizzarla colleziona schede di giovani talenti "perduti" o martoriati da infortuni. Uno psicopatico con un’esistenza tetra e variabili minime. Finché si imbatte in Clara, promessa dispersa del mezzofondo: il suo fantasma personale. Per sopportare nuovi carichi di lavoro, sognando le Olimpiadi, Claudio Seregni supererà ogni remora etica. L’atleta è vittima, non carnefice. Il doping è la trasformazione del corpo, la
performance atletica l’utopia della perfezione.

lunedì 8 giugno 2009

LA FACCIA DI ACIDO A OMNIBUS LIFE. ECCHILO.

Ecchilo. Poteva fare meglio, poteva essere meno costipato, poteva usare prodotti di cosmesi maschile anti rughe, poteva beccare i tempi televisivi al primo colpo, poteva mettere un'altra giacca, poteva vincere una Davis.
Poteva.

A OMNIBUS CON LA GIACCA SBAGLIATA

In realtà Panatta è Panatta, Vaime un monumento che manco il cavallo rampante della Rai... e la Panella è stata bravissima a beccare due estrapolazioni da Acido Lattico illuminanti.

you tube

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venerdì 5 giugno 2009

ACIDO A OMNIBUS SU LA 7, LUNEDI' 8 GIUGNO DALLE 9.15

Un po' di paranoia, la faccia di Acido in televisione a parlare di sport e doping nella mattinata della fibrillazione politica a urne chiuse ancora calde e sanguinanti. Ospite della trasmissione anche Adriano Panatta, personaggio incredibile, che ha fatto del tennis un "fatto popolare". Bene lo spiega, il blog linkato di sotto.

ADRIANO PANATTA



Grazie a Mariacarla e allo staff Gaffi.