domenica 26 ottobre 2008

ACIDO INTERVISTATO DA FEDERICO RICCI (IL TIRRENO)

Questa intervista è uscita in pieno agosto, mi è scappata la copia de Il Tirreno, ma mi assicurano che è stata pubblicata. Federico aveva moderato un dibattito alla Festa del PD a Genova al quale avevo avevo partecipato su “Sport tra televisione e letteratura” con i giornalisti Gigi Garanzini e Antonio Dipollina e l'ex calciatore Paolo Solier.

1) Cosa ti ha spinto a scrivere la storia di un atleta che si dopa?ù

Ho due passioni molto forti. Scrivere e correre. Era destino che dovessero
fondersi in un progetto. Mi interessa sviluppare le zone d'ombra, le
ossessioni, il lato nero. E' anche speculazione narrativa, NON POTEVO FARE
UN ROMANZO SU QUANTO E' BELLO CORRERE E STARE IN COMPAGNIA CON IL
COLESTEROLO BASSO.
Non potevo esimermi dal trattare il doping, ma ho cercato di non fare
crociate, non ho dato voce al " cittadino indignato". Cerco di fare entrare
il cittadino indignato dentro all'ingranaggio infernale del doping. Non
cerco giustificazioni nè pietà per il mio personaggio. Ma mi piace creare
complessità quando scrivo.

2) Cosa induce un atleta a doparsi?

E' una specie di sospensione del libero arbitrio. E ' UN GORGO CHE
RISUCCHIA. Pensano di non poterne fare a meno.Giocano pesante con il proprio
organismo. E non solo. Frigo rischia un anno di carcere. poi non è diverso
dal meccanismo delle droghe mormali. Entro in una compagnia che fuma canne,
mi sembrano tipi giusti, devo fare parte del branco. Entro in un gruppo
sportivo di alto livello, è normale usare EPO sintetica per uscire dalla
massa e pormi in alto. Inarivvabile.

3) Perchè il titolo "acido lattico"?

Ha un suono che a me piace molto, ma è già sgradevole, evoca sofferenza.
L'acido lattico è il nemico da sconfiggere, da tenere lontano. Quando lo
sforzo è inaudito, quando gli allenamenti si fanno pesanti per qualità e
quantità, lui, si affaccia, intossica i nostro muscoli, può arrivare alle
gengive. Lo spiega benissimo Daniele Menarini, co-direttore della rivista
Correre nella sua prefazione.

4) Se non sbaglio anche tu corri. Quanto c'è di autobiografico in
questo romanzo?


Ho ricostruito in forma di romanzo una zona di carriera che mi manca, ho
gareggiato fino ai 14 anni e ho ripreso a 25, troppo tardi per arrivare ai
livelli di Claudio Seregni, il mio protagonista. Lui è razzista, psicotico,
monomaniaco. Non sono così. Ma certe intransigenze del personaggio sono
anche le mie. Lui è in una fase in cui può spiccare il volo olimpico, è un
talento. Io sono un middle class, per intenderci corro i 5000 attorino ai 16
minuti a 41 anni. Se mi dopassi non arriverei comunque a nulla. Nè campione,
nè tapascione, termine milanese per definire il camminatore blando. Potrebbe
essere "la giusta distanza" per scrivere un romanzo. Nè inconsapevole, nè
colluso. Mi faccio la domanda cattiva da solo. Se fossi stato al posto di
Claudio, così vicino all'eccellenza e ti avessero fatto la proposta? Me la
sono fatta da solo e quindi posso non rispondermi. Sono un atleta amatore.
Non mi paicciono gli amatori che si dopano.

5) Ci sono sport dove il doping si trova, altri dove i controlli
sembrano non trovare nulla. C'è qualcosa di diabolico in questo o di
premeditato?

Beh, il calcio, il giochino di noi italiani è comunque inattaccabile. Troppi
soldi. Troppo tutto. Anche se in sport come il calcio conta molto l'abilità
e il cervello, la destrezza. Il doping non fa di un somaro un cavallo nel
calcio. Certo fanno stagioni estenuanti, come tutti gli atleti
professionisti oggi. Negli sport di fatica conta quasi solo l'efficienza
dell'organismo. I MALEDETTI GLOBULI ROSSI, POI...
Non si parla mai di specialità come la boxe... non capisco. Vabbè
continuamo a massacrare i ciclisti e buonanotte...

6) Il Giro d'Italia e il Tour hanno dimostrato che nel ciclismo le
sostanze dopanti sono all'ordine del giorno. La fuga degli sponsor
sancirà la morte di questo sport?

Potrebbe essere un buon deterrente. Ma la storia in tutti i campi ci dice
che non si torna indietro, la deriva sembra non avere fine. Sandro Donati
dice che questa generazione di atleti è perduta. Anche io sono un pessimista
cosmico.

7) Tra poco le Olimpiadi. Le guarderei o penserai che qualsiasi
record non sarà il frutto del solo allenamento e della forza fisica?

Intanto passerò ore davanti al video. Penserò che quegli uomini fanno al
meglio quello che a me piace fare. Correre. E che comunque la componente
umana rimane centrale. Da un punto di vista genetico sono già capolavori.
Non vorrei sembrare razzista, è ammirazione. Acido LATTICO alla fine avrà un
colpo di scena poco manicheo, e l'"uomo" torna al centro di tutto. La
farmacologia è solo supporto. Quando si parla di campioni la faccenda è
semplice. Devono farlo. Non sopporto i notai che si dopano per fare gli Iron
Man. Cosa dire a un ragazzino? Non lo so. Non ho figli.

8) Il tuo io narrante alla fine decide di fare "marcia indietro". E'
una speranza che nutri verso un ritorno alla normalità sportiva?

Si umanizza e inizia la sua fine. HA un trauma che lo indebolisce, il
suicidio di una ex promessa del
mezzofondo con cui era in contatto via mail. Da atleta diventa uomo, inizia
a pensare e i tempi in pista iniziano a sballare. L'atleta non deve pensare,
deve agire, convergere i propri sforzi verso un unico obbiettivo. Non deve
porsi domande. Deve fare tre allenamenti al giorno e impostare la giornata
tenendo questi punti fermi. Deve dormire sonni profondi, senza turbamenti.
Ferito Claudio è più simpatico. Speranze per la sua vita futura? Non so.
Forse.

9) Il mito del successo ad ogni costo, la società italiana sempre più
individualista e competitiva, quanto ha influito sulla degenerazione
dello sport? C'è un rimedio?

e' questo il punto. Non possiamo pretendere che lo sport professionistico
possa essere il nostro giardinetto pulito. Non possiamo credere alle favole.
Oppure facciamolo se davvero abbiamo bisogno di Epica e di Eroi. La
consapevolezza può essere sgradevole. L'etica è un lusso che pare non
possiamo permetterci. Perchè dovrei guardare una tappa del Tour se c'è
l'Epo? Perchè dovrei votare se qualcuno controlla cinque telegiornali? Le
domande sarebbero troppe. Un giorno facevo riscaldamento con un
mio amico prima di una gara, gli ho indicato un atleta che non conoscevo e
gli ho chiesto informazioni. Non ti preoccupare mi ha detto, E' UNO CHE NON
CONTA UN CAZZO. Voleva dire che era uno che andava più piano di noi. Ma
quell'espressione mi ha colpito, in azienda l'avrò sentita centinaia di
volte riferita al mondo del lavoro. Non ho rimedi. Cerco di descrivere bene
le patologie.

10) Come saranno secondo te queste Olimpiadi?

Epocali. Gare di velocità fantastiche, la maratona una lotteria incredibile.
Partiranno piano e faranno parziali da fantascienza. Fanno così anche nei
5000 e nei 10000. La gara si incendia improvvisamente, i finali sono da 50
secondi l'ultimo giro. Poi vedremo gli atleti
cinesi casa combineranno, specie in campo femminile, da anni selezionano
materiale umano. Affascinate.

11) Cosa stai scrivendo ora?

Un testo a puntate, una specie di work in progress. Una strage tipo
Columbine, ma non in una scuola
in una azienda italiana. Cerco di descrivere i processi a monte di un strage
i massa.
Avrai capito che scrivo per lo più romanzi comici.

Etichette: , ,

lunedì 20 ottobre 2008

MANGIALIBRI SU ACIDO (GIAN PAOLO GRATTAROLA)

Claudio Seregni è un atleta di mezzofondo alle soglie dei trent'anni.
Nella speranza di compiere il salto definitivo verso il professionismo,
si sottopone quotidianamente ad allenamenti sfibranti. E, pur di
scongiurare l'incubo del fallimento, accetta persino di assumere
sostanze farmacologiche dopanti. Con una sorte di ossessione maniacale,
estrapola ogni sera dal web casi di atleti contrassegnati da carriere
sfortunate ed incomplete e ne colleziona i profili in forma quasi
scaramantica. Fino a quando non si imbatte nella vicenda di Clara,
mancata promessa del mezzofondo, la cui fine potrebbe essere stata
decretata da una emotrasfusione praticata in età giovanile. Claudio
intende mettersi sulle sue tracce per fare luce sulla vicenda, ma la
ragazza inaspettatamente si sottrae all'incontro togliendosi la vita.
Ormai in balia degli effetti incontenibili delle sostanze dopanti, per
la prima volta Claudio avverte la necessità di fermarsi a riflettere
sugli effetti nocivi ed i conseguenti risvolti psicologici.



Saverio Fattori ha concepito un libro ben scritto, che si fa leggere
con piacere ed è in grado di stimolare una profonda riflessione sulle
conseguenze dell'esasperazione agonistica, andando a mettere il dito
sulla piaga dolorosa ed attualissima del doping sportivo. Con una prosa
sobria e avvincente, egli cova situazioni e personaggi sino a farli
schiudere, rivelandone il lato più spiacevole, non mancando tuttavia di
andare a cercare le responsabilità. Il libro diviene dunque una
denuncia aperta di ciò che significhi fare sport in una società
improntata sui canoni dell'individualismo e della conquista del
successo. Ed invita a ripensare, da una prospettiva tutta nuova, ai
condizionamenti sociali che vengono introiettati e trasformati in
colpevolizzazioni, in maniera spesso troppo esemplificatoria. Perché il
male lo si può combattere solo attraversandolo.


Gian Paolo Grattarola

Leggi la recensione

domenica 19 ottobre 2008

OREA MALIA’ SU ACIDO (IL BOLOGNA)

TRA CORSA E SCRITTURA, DUE UNIVERSI DA SCOPRIRE

Ogni qualvolta mi appare Saverio Fattori , giovane scrittore già autore di “Alienazioni Padane” e “Chi ha ucciso i Talk Talk?”, opinionista di GQ, di nuovo si riaccendono le speranze sul mondo e su Bologna e mi accorgo che in questo assopimento generale c’è qualcuno che non si ferma e che non si è fermato durante questo momento di stress da crisi economica. Saverio, che per vivere fa l’operaio e per gioia scrive libri, è anche uno sportivo incallito. Saverio tutto nervi e muscoli, è riuscito a far incontrare questi suoi mondi raccogliendo le sue scritture in un romanzo noir, una via di mezzo tra finzione e realtà, come è tipico nel suo stile, una pubblicazione che presenterà proprio questa sera alle 18 al MelBook Store. Si chiama “Acido Lattico” il suo ultimo libro, dove racconta storie vere, esperienze vissute nel “dietro le quinte” dell’atletica, storie di dolore e di “doppaggi”, dove non esistono né buoni né cattivi, perché la realtà sportiva è troppo complessa ed è impossibile incasellarla, lui stesso afferma che “l’atletica non è vita all’aria aperta, non è colesterolo basso, non è maratona di New York, non è agenzie turistiche, non è casualità o fortuna, non è playstation o il calcetto del mercoledì, l’atletica è disciplina e utopia, sofferenza in piccole dosi, l’atletica è acido lattico”. Corsa e scrittura mi affascinano e trovo che siano entrambi due mondi da scoprire. Un universo nel quale si incontrano nuvolosi gonfi di pioggia che assomigliano molto a quelli che minacciano le piste di atletica.

Marcorea Malià (da IL BOLOGNA, venerdì 17 ottobre 2008)

venerdì 17 ottobre 2008

ACIDO SU “MUCCHIO” DI OTTOBRE (LUCA BALDAZZI)

Passata la sbornia olimpica? Vi siete innamorati di Usain Bolt, l’uomo più veloce del mondo, che prende la gara come un gioco e per carburare usa solo pollo fritto e musica reggae? Bene: a riportarci con i piedi per terra e a condurci per mano dietro le quinte dello show mediatico, ci pensa questo romanzo di Savio Fattori. Giunto alla terza prova, dopo Alienazioni Padane e Chi ha ucciso i Talk Talk?, con Acido Lattico lo scrittore emiliano che lavora in fabbrica ha costruito un noir sportivo sul mondo dell’atletica leggera. Dove però il giallo e il mistero sono solo la cornice, e il ritratto parla d’altro. Dei 99 su 100 che non ce la fanno a emergere, di un triste universo di campi di periferia, di allenamenti ossessivi e solitari, culto dell’efficienza fisica e diete ferree per superare i propri limiti. E del doping che diventa una necessità, perché ad ogni livello conta solo vincere. Alla faccia di De Coubertin.
Non è un gioco, la corsa agonistica, ma un mestiere. La pensa così anche il protagonista del romanzo, Claudio Seregni, mezzofondista dai buoni risultati che sogna di fare il botto e staccare un biglietto per le olimpiadi di Pechino. Non è un tipo simpatico, Claudio. Razzista nei confronti dei rivali, i “negri” africani che vincono a mani basse le corse sulle lunghe distanze, ma non attirano gli sponsor. Dotato di una fidanzata che considera più o meno un soprammobile. Inchiodato al pensiero fisso di battere il suo record e pronto per questo a mettersi nelle mani di medici che dispensano aiuti e farmaci senza troppi scrupoli. Ma Claudio ha anche un’altra ossessione: cercare sul web le tracce delle promesse mancate dell’atletica, dei tanti giovanissimi che prima di lui hanno mollato. Si imbatte così nella storia di Clara, ex ragazzina prodigio che ha smesso di correre e si è occupata di poesia e letteratura. Per scoprire che si è suicidata . Parlano di sport e di una indagine, Fattori allarga lo sguardo. Per arrivare a molte cose che più in generale ci avvelenano la vita: il feroce individualismo di massa, l’ansia di prestazione in ogni campo, l’incapacità di accettare i fallimenti. Un mondo freddo, raccontato senza sconti da un libro che fa pensare.

giovedì 16 ottobre 2008

ACIDO GIOCA IN CASA, BOLOGNA 17 OTTOBRE

VENERDI' 17 OTTOBRE ORE 18

LIBRERIA MELBOOK STORE Bologna Via Rizzoli n°18

Presentazione di ACIDO LATTICO di Saverio Fattori (Alberto Gaffi Editore)


oltre all'autore interverranno

Marco Tarozzi (Giornalista sportivo)

Mario Lega (ex primatista italiano di salto in lungo)

lunedì 13 ottobre 2008

ACIDO TOUR FORLI' 15 OTTOBRE

Alle 18 alla libreria MEGAForlì, corso della Repubblica 146, con me ci saranno Anna Luisa Sentinelli editor del libro e Stefano Mei. Dire che è stato il Campione Europeo dei 10000 mt a Stoccarda nel 1986 è sintetizzare troppo.
Anche wikipedia è un po' troppo fredda.

stefanomei


Beh, venite alla presentazione e saremo più chiari.

LA COSA INCREDIBILE è che Stefano Mei abita tra la libreria e la casa di Anna Luisa dove Acido è stato faticosamente editato. Stefano Mei, la sua figura mette in crisi l'impianto narrativo di Acido, le speculazioni narrative che ho usato per fare una cosa gelida e nerissima.

Ma saremo più chiari...

mercoledì 8 ottobre 2008

CIRO BERTINI SU ACIDO ( BAZARWEB RAI ERI)

Se qualche competizione della recente olimpiade pechinese ha vellicato il vostro ideale romantico e vi siete esaltati fino alla commozione per imprese dietro cui avete intuito un mix di sprezzo della fatica, invincibile tenacia e coronamento di volontà divine, è solo perché non avete letto questo romanzo: un autotreno in corsa che con il suo carico di cruda cronaca vi sbatte in faccia la realtà, che a questo sport odierno chimicamente modificato dovremmo trovare un altro nome. Tra sponsorizzazioni delle multinazionali che decidono su quale disciplina riversare denaro - e quindi essere appetibili per i giovani praticanti - sulla base di calcoli di marketing razzistici e una diffusione impressionante del doping, scontata nel settore agonistico ma vieppiù dilagante a livelli medio-bassi, Saverio Fattori imbastisce una storia esistenzialista sulla promessa del mezzofondo Claudio (e mai personaggio cercò meno la nostra simpatia), quasi insostenibile per l’elenco di disfatte di talenti in erba.

Leggi la recensione

domenica 5 ottobre 2008

ACIDO IN TOUR CARPI 11 OTTOBRE

Sabato 11 ottobre alle ore 19, presso la libreria "La Fenice" a Carpi
(Modena), in via G.Mazzini 15, a due passi dalla Piazza dei Martiri. L'incontro sarà
condotto da Daniele Menarini, co-direttore della rivista Correre. Il giorno dopo si corre la 21°Maratona d'Italia memorial Enzo Ferrari.

Etichette: , , ,

venerdì 3 ottobre 2008

ACIDO IN VIDEO SU ARCOIRIS.TV

E' la ripresa della presentazione al Copyleft festival di Arezzo organizzato dal prode Marco Gallorini. A intervistare Acido è il giornalista David Mattesini. Acido non è al massimo della forma. Smozzica parole a apre parentesi.


la faccia di acido

Etichette: , ,

ROMA CULTURA SU ACIDO ( intervista di Marta Baiocchi)

Un mezzofondista dai risultati sempre più promettenti viene messo dai suoi allenatori di fronte alla decisione di usare sostanze dopanti. Laggiù all’orizzonte, il miraggio abbacinante delle olimpiadi di Pechino. Ma la scelta è una scelta obbligata, e Claudio Seregni sta per entrare in un incubo fatto di ambiguità e incertezza: la sua ambizione sta per prendere tutta la sostanza dell’ossessione.
Quando Clara, una ragazza che è stata anni prima una promessa dell’atletica poi inspiegabilmente scomparsa dalle scene, e che lui ha rintracciato tramite Internet, smette all’improvviso di rispondere alle sue e-mail, Claudio non si rassegna a lasciarla scomparire nel mistero.
Più che un libro sul doping, più che un giallo su una donna scomparsa, questo romanzo è una metafora delle ossessioni e delle paure dell’uomo contemporaneo in una società in cui l’essere umano appare sempre più come un meccanismo fatto di bulloni da stringere e da oliare, a cui l’unica cosa che si richiede è di “funzionare”.

MB: Tu hai un passato di atleta, e continui ad allenarti. Cosa della tua esperienza è entrato in questo libro?

SF: Gareggio tuttora a livelli decenti. Ho fatto atletica da bambino, poi ho ricominciato a 25 anni e sono diventato quello che si definisce in gergo un “amatore evoluto”, un middle class delle corse di mezzofondo, per intenderci. Non uno davvero forte, né uno che corre solo per stare in forma e raccontarlo in ufficio. Forse è la “giusta distanza” per capire la psicologia dell’atleta professionista. Né colluso, né inconsapevole. Con Claudio Seregni indago una parte di carriera che non ho vissuto, non sono mai stato forte come lui, a un passo dal sogno, non mi sono trovato davanti a scelte di doping quasi obbligate.

MB: So che per questo libro ti sei documentato sugli aspetti farmacologici delle sostanze che nomini, ma dalla tua narrazione non esce un giudizio definitivo, “clinico”, sul doping. Che significato ha questa tua scelta narrativa?

SF: Credo in una narrativa che rappresenti al meglio la complessità della natura umana, alla fine mi concedo un colpo di scena anti-manicheo. Non volevo una crociata contro il doping, non sono moralista, odio l’atteggiamento del cittadino indignato che pensa di capire tutto con qualche telegiornale idiota. Voglio fare entrare il cittadino indignato dentro alla mentalità di un atleta che fa la scelta sbagliata. I ciclisti professionisti fanno vite disperate, non riescono a farmi rabbia, ho pietà di loro. L’ultimo episodio dello scalatore Sella è devastante. Si allenava nelle sue zone travestito… per non farsi beccare dal pool dell’antidoping… Però nemmeno lo giustifico, soprattutto non sopporto gli atleti amatori che ne fanno uso. Il romanzo fila via su una linea piuttosto incerta. La nostra esistenza è incerta, siamo deboli. Alla fine tu hai colto uno dei punti importanti del libro, non esce un giudizio definitivo sull’aspetto farmacologico perché l’uomo torna al centro di tutto, sarà il doctor, un medico bombatore, a far capire a Claudio Seregni che senza l’atteggiamento mentale giusto nemmeno l’Epo farà di lui un atleta olimpico.

MB: Il tuo romanzo, più che un romanzo sullo sport, è la storia di un’ossessione. Cos’è l’ossessione per te?

SF: Per me è il fulcro di ogni romanzo, è l’onesta intellettuale che fa sì che uno scrittore non scriva cose inutili. Penso a Genna, al suo Dies Irae, a come tutto converga a spirale fuori e dentro a quel pozzo di Vermicino. Per me è stato facile trovare aspetti maniacali nel mondo dello sport, per speculazione narrativa ho forzato la mano, magari neanche tanto… Un atleta è ossessionato dalla disciplina quotidiana. Fa due allenamenti al giorno, tutta la giornata è impostata su questi due appuntamenti, deve avere una vita con poche variabili, dormire almeno sette ore, non deve ammalarsi, è troppo facile compromettere mesi di preparazione per qualche batterio o virus. Tutto quello che abbatte globuli rossi è il demonio. L’atleta non può pensare troppo, non deve conoscere nevrosi o depressione. Per me correre tutti i giorni ha aspetti patologici. Se non corro per più di due giorni ho i complessi di colpa, ci sono crisi di astinenza. Voglio continuare a gareggiare, ogni settimana, a fare buoni tempi per mantenere la forbice della performance stretta, corro sempre al massimo anche in garette non premiate, come un pazzo, oltre tutto i premi sono comunque inadeguati all’impegno. Voglio mantenere una sospensione di giovinezza, sono affetto da Peter Panisimo atletico. Ecco cos’è l’ossessione per me.

MB: Claudio Seregni, il tuo protagonista, non ha nessuna caratteristica dell’eroe buono, è un personaggio duro, spesso sgradevole, che viene fuori con grande realismo psicologico.

SF: E’ una persona agghiacciante, specie all’inizio del romanzo. Totalmente concentrato sulla carriera atletica, chiuso a riccio, importano solo i suoi allenamenti, il resto è rumore di fondo. Poi a causa di un trauma si umanizza e come atleta perde forza. O sei un vero uomo o sei un vero atleta. Non puoi essere tutte e due le cose. Sembra questa la morale di Acido Lattico. Non è la verità assoluta. Non mi occupo di verità, non pretendo di trovarla da qualche parte. È la verità parziale, la verità di Acido Lattico. Come atleta Claudio inizierà a perdere colpi. Non so se almeno diventerà un bella persona.

MB: Le proposte di boicottaggio alle olimpiadi di Pechino sono al centro del dibattito in questi ultimi mesi. Cosa penserebbe del boicottaggio Claudio Seregni?

SF: Nell’incipit metto subito le cose in chiaro dal punto di vista politico. Claudio è razzista a tutto tondo, detesta i ragazzi con gli standard di abbigliamento di sinistra come i fichetti che affollano i locali alla moda all’ora dell’aperitivo. Ha una sua idea pericolosa di pulizia e ordine. Comunque non vota e non muoverebbe un acaro in favore di nessuno che non sia Seregni Claudio, non troverebbe il Tibet nel mappamondo. Penso a quegli artisti che durante le dittature non prendono posizione. Per loro esiste solo il proprio talento e i benefici connessi. E Claudio è solo, la solitudine più sterile, poi come mette la testa fuori dal guscio prende subito un mazzata tremenda. Per quello non posso fare ipotesi sulla sua vita futura fuori dalla pista.

Marta Baiocchi


Leggi la recensione