martedì 1 settembre 2009

MARCO RAFFELLI INTERVISTA ACIDO

Ho finito di leggere Acido Lattico. Un romanzo ambientato nel mondo dell’atletica, una finestra aperta sulla faccia oscura dello sport professionistico. La vita di Claudio Seregni stella del mezzofondo italiano. Un'anima sull'orlo di un precipizio, cattivo con se stesso e con il prossimo, indifferente agli attacchi altrui.

Acido Lattico è una rappresentazione di tanti piccoli drammi, fantasmi, paure e di insuccessi.

La storia si muove all'interno di un cerchio fatto di allenamenti duri, come solo 25 ripetute sui 400 sanno essere, sogni e speranze impossibili, un recinto chiuso con una perimetro di globuli rossi pesanti come catene, dopati fino alla morte.



In questi giorni ho parlato con l'autore, Saverio Fattori, ed è nata una conversazione sullo sport, vita e speranze di un mondo che a volte sembra non appartenerci più.



Saverio cosa sarebbe stato il personaggio del libro se non avesse fatto l'atleta professionista?



Claudio Seregni è quanto di peggio. Non esiste un atleta così. O forse sì. Però mi hanno fatto notare che nel corso delle pagine migliora, probabilmente è vero.

Poteva diventare umano, ma poi perde Clara prima ancora di averla incontrata e perde l'occasione. E' fondamentalmente un disperato, una persona infinitamente sola. Una solitudine incolmabile.

Non so cosa sarebbe stato Seregni, il punto è che ho usato l'atletica come scusa metafora per raccontare quanto stiamo male...



Il personaggio del tuo romanzo è duro, in un passaggio del libro il suo Doctor (curava la parte chimica della preparazione) è stato uno dei pochi ad avergli detto come vive e che fine avrebbe fatto, niente lui non ha mosso ciglio. La sua durezza ti ha permesso di fargli dire cose che altrimenti non avresti potuto o sbaglio?

Si, il Doctor alla fine lo descrive bene. Claudio Seregni è marcio, perché è chiuso in ss stesso, se anche fosse stato più dotato non ce l'avrebbe fatta comunque.

Ho indagato la psicologia delle giovani promesse non mantenute, i bambini prodigio spesso finiscono male. Come scrittore sono negativo di mio, ma mi sono stufato che si neghi la durezza dello sport professionistico, l'atletica è favolosa (figurati, torno da Berlino) tante belle facce sorridenti, ma tanti retroscena noi non li vediamo. Come scrittore il mio dovere è quello di mentire (non avendo prove) ma in modo intelligente, facendo finta di prenderci nel vero casualmente...

La mia speranza era che la storia di Acido Lattico funzionasse da metafora e che andasse al di là del microcosmo atletico.



Mi è rimasto un senso di nausea... gli occhi gialli degli atleti per le troppe sostanze assunte, il vomito, la pelle di cartone, vene gonfie di tutto. Come si fa ad arrivare fino in fondo?

Non scrivo cose tranquillizzanti, essere così nero anche con lo sport che amo è stata una sfida. Anche per il lettore. A lui chiedo di stare al gioco, di percorrere il viaggio “sbagliato” per continuare a odiare il doping ma cercando di “capirlo”. Attenzione, capire non vuol dire giustificare.

Non c' è nulla di demoniaco nel business corse nel mondo e affini. Nulla. Dico solo che in questi anni c'è stata troppa enfasi sul discorso maratona, sembra essere diventato un corpo a sé rispetto all'atletica leggera. La maratona è una costola dell'atletica, non viceversa. Questo equivoco nel tempo ha generato guasti in Italia esplosi a Berlino. Un grande maratoneta parte dall'attività su pista, comunque, ha corso i 1500 metri a 3,40.


Da settembre porterò Giulia, mia figlia, in pista alla Farnesina un paio di volte al mese, tanto per farle respirare l'aria, il suo sguardo sarà puro, chi ci sarà accanto a lei ?

Occhio, il mio libro è un noir, non è che gli atleti forti sono automaticamente dopati! Ho esagerato nel libro per ragioni di speculazione narrativa. Tua figlia vedrà ragazzi forti, sani e puliti, di talento alla Farnesina, stanne certo.


Cosa resta dello sport che ti permette di fare la stessa strada di un campione del mondo.

L'atletica leggera è lo sport più bello di tutti .Comunque. Sempre. Ecco cosa resta. Anche dopo Marion Jones che sembrava davvero l'icona della ragazzona pulita e di talento naturale spropositato. Ma dobbiamo tenere la guardia alta.


Io non mi sognerei mai di giocare con Totti all'Olimipco, ma di correre a NY con Baldini sì.

Infatti... tra l'altro la collaborazione di Baldini durante la maratona dei mondiali è stata sorprendente. Negli sport senza contatto fisico diretto, non ci sono particolari cattiverie. Siamo tutti concentrati su noi stessi.


Ecco l'atletica ha in sè il mito e l'indecenza di questo mondo.

Non sono d'accordo, sbagli la prospettiva. Il fatto è piuttosto che non possiamo pretendere che lo sport professionistico sia il nostro giardino incontaminato, quando il degrado etico e culturale sfonda da tutte le parti.


La differenza tra il tuo lavoro e quello di Covacich (A Perdifiato Ed. Einaudi) sta nella realtà dei fatti: A perdifiato è accattivante, Acido lattico è cattivo.

Io sono estremo, a volte irritante, ma Covacich non ci va mica leggero... secondo me la cosa scioccante di Acido sta proprio nell'uso dell'io narrante, come dicevo sopra costringe il lettore a calarsi nella parte... Covacich porta la narrazione all'acme della gara finale, Acido vive lo stallo del Deserto dei Tartari. Non dovrei dirlo, comunque Daniele Menarini che ha scritto la prefazione lo ha rilevato. Encomiabile.


Come ti sei documentato sulle droghe?

Avevo un amico culturista che mi raccontava particolari di certe pratiche anni fa (tipo la cosa del GH sottocutaneo e da tenere in frigo) poi ormai la rete è piena di informazioni. Sulla storia del doping in Italia anno Ottanta c' è “Campioni senza valore” di Donati e Sette. Oggi introvabile... come scrittore-atleta (amatore classe '67 quest'anno 9,23 nei 3000 e 16,40 nei 5000, tanto per inquadrare) sono comunque in grado di calarmi nel personaggio, anche io corro per battere gli altri e quando vado male (tipo al garetta chiusa malissimo stasera... cotto) vado un po' in paranoia.


La figura del preparatore com'è nata?

Il Doctor è inventato completamente, infatti è una figura stranissima nel mio libro, molto complessa. Non sono mai andato da un medico sportivo, mai fatto nemmeno una dieta. I due allenatori se ci fai caso riprendono lo standard dello sbirro buono e dello sbirro cattivo...


Chi non si dopa oggi nello sport? Ci sono atleti puliti? (puoi anche non rispondere).

Vado a naso. Oggi non penso ci sia un sistema federale dove il doping regni, penso che siano iniziative personali di atleti medi non più giovanissimi, forti ma non come vorrebbero loro. Ci sono atleti da 3 ore di maratona che fanno uso di sostanze illecite... io sarei per controlli anche tra gli amatori in gare su strada di prestigio, in pista ai campionati master già li fanno.

A me importa l'esplorazione dei nostri limiti, l'esplorazione di noi stessi. Io sono ossessionato dalla vecchiaia, mi alleno e gareggio per prendere per i fondelli il tempo. Sapendo che alla fine lui fotterà me.


Grazie Saverio a presto e buon passo.

L'intervista di Marco Raffaelli è uscita su Podisti.net ,MarioMoretti.it, Maratoneta.it

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