sabato 30 agosto 2008

NINO G. D'ATTIS SU ACIDO (www.blackmailmag.com)

Nino G. D'Attis (come Claudio G. Fava) sa il fatto suo. Siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Anche se tra le sue patologie non figura l'Agonismo Edonistico PeterPaniano, come emerge dalla recensione. E' tra i fondatori di BlackMailMag la prima web-fanzine che mi ha dato fiducia prima come recensito poi come recensore. Nino ha esordito per Marsilio con MONTEZUMA AIRBAG YOUR PARDON, a giorni per lo stesso editore esce MOSTRI PER LE MASSE. Tremate. D'Attis è tornato a infestare di demoni un paese in pace, popolato da nani da giardino, schermi ultrapiatti e pizze da asporto.

Questa è la rece:

Lo sport non mi interessa. Negli anni d’oro di Ayrton Senna andavo ad Imola a tifare McLaren, a consumare costolette di maiale e mignon di whisky alle cinque del mattino sulla Tosa o sulla Rivazza, poi finì anche quello. Mi piace la boxe. Mi piace il biliardo. Mi piace il bowling. Mi piace il motocross. Tutto il resto mi fa sbadigliare. Faccio questa premessa per dire che sulla carta non sarei stato la persona più adatta a leggere e recensire il terzo romanzo di Saverio Fattori. Non seguo il calcio, dipendesse da me gli stadi dovrebbero ospitare solo concerti rock dei miei gruppi preferiti e se vedo migliaia di cinesi in fila davanti al botteghino del Centro Olimpico di Pechino mi metto a sghignazzare. L’Atletica Leggera? Ma non è meglio saltare in sella a una Mv Agusta Brutale 910 R, dare gas e vedere quanto ci mette la bestia quattro cilindri in linea a fare Leuca-Cuneo? Poi però mi metto a leggere articoli che dicono: “Se verrà il sospetto che delle atlete "donne" non dovessero essere tali durante le Olimpiadi di Pechino sarà in funzione uno specifico laboratorio che sottoporrà le sportive alla prova dell'identità sessuale.” Oppure: “Olimpiadi di Pechino, sono aria e cibo gli incubi degli atleti in gara”. Questo ha a che fare con gli esseri umani. È un argomento che mi affascina e che colpisce la mia fantasia. Aprendo il nuovo libro di Fattori mi sono venute in mente due cose. La prima è una frase di Jean Baudrillard, il mio filosofo prediletto: “Il corpo è vezzeggiato nella perversa certezza della sua inutilità, nella totale certezza della sua non resurrezione.” La seconda è che l’autore emiliano di Alienazioni padane, Chi ha ucciso i Talk Talk? e Cattedrale (pubblicato a puntate sulla rivista Carmilla) ha nelle sue corde una rara predisposizione a costruire drammi allegorici sulla condizione umana, sul nostro destino e la nostra inutilità.

La solitudine, l’instabilità delle cose terrene, l’elemento comico che si fonde con quello tragico, sono al centro anche della vicenda di Claudio Seregni, atleta.

“Seregni Claudio cerca un pensiero pulito. Deve concentrarsi su numeri, prestazioni cronometriche da raggiungere, le date delle prossime gare.”, leggiamo nell’incipit. Claudio Seregni si ammazza di allenamenti e sopporta (male) un carico di rancore verso gli altri. È un uomo che prende appunti minuziosi sui fallimenti degli altri, sulle meteore dell’ambiente sportivo. Tutte le promesse mancate, tutto il potenziale disperso delle giovani speranze dell’agonismo sono il suo nutrimento. È razzista, Seregni. All’inizio del romanzo insulta un magrebino e la sua ragazza, poi salta giù dall’autobus e si mette a correre come un vigliacco dotato di buone gambe. La sua arroganza è quella di chi vive ogni incontro, ogni situazione come un potenziale detonatore: “Quando un estraneo mi chiede che lavoro faccio, con una sobria aria di superiorità sul mio interlocutore, dico: i cinquemila. Mi compiaccio di quei secondi di imbarazzo e curiosità e attendo la replica. Cosa fai? Corro, sui cinquemila metri ho ottenuto i risultati migliori. Atletica! Fantastico! Gli anelli, il corpo libero! No, quella è la ginnastica, ho detto che corro. Atletica leggera. E ti pagano? Non abbastanza. Beh, non è mai abbastanza, ma fai una cosa bellissima. Non ho le ferie e nessuna forma di previdenza, corro dodici mesi all’anno, in genere due allenamenti al giorno, se ho un infortunio e non posso gareggiare si fa pesante, non corro per un gruppo sportivo militare, la mia società mi passa un mensile fisso ridicolo. Capisco. Non credo.”

Ambizione: ecco di cosa parla Acido lattico. Con schiettezza ed anti-buonismo, con un andamento a spirale limpido e secco, Fattori mette a fuoco l'angoscia di non farcela a diventare qualcuno, di rimanere intrappolati nell’orrido purgatorio dei “non ancora”. Messo a nudo davanti alle sue inquietudini, l’animale uomo non è più una gazzella ma un tossico impantanato in quei buoni propositi che a lungo andare sono diventati smania, delirio, gravosa ossessione.

L’atletica leggera non è lo sport che va per la maggiore in una nazione di pallonari. Nell’atletica leggera, quando le Olimpiadi si profilano all’orizzonte, devi dannarti l’anima se vuoi essere notato. I protagonisti sono gli altri. Gli altri possono rubarti facilmente la scena, estrometterti, renderti ombra tra le ombre di un’avvilente nullità. È a questo che pensa Seregni Claudio mentre chiede al suo corpo di non arrendersi a ogni sofferenza, al più irrevocabile declino.

Scritta magistralmente, con la stessa ricchezza di particolari e profondità di esposizione che caratterizzavano le prove precedenti, l’ultima opera di Saverio Fattori è grande narrativa dal contenuto amaro e spietato. Come lo sport, come la vita reale.



Nino G. D’Attis

Leggi la recensione


--------------------------------------------------------------------------------

Etichette: ,

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page