MARCO TAMBERI SU ACIDO LATTICO
Marco Tamberi. Ex saltatore in alto. Ha letto Acido e mi ha scritto per rendermi partecipe delle sue emozioni. Marco Tamberi, Stefano Mei, Mario Lega. Tre grandi atleti che hanno apprezzato Acido. Non l'hanno subito, nessun fastidio. Strano. Si pongono (DAVVERO) in antitesi a Claudio Seregni, l'atleta che ho creato con Acido. Potevano dirmi, guarda che scazzi, ti sei inventato una favola nera, perchè sei solo un piccolo frustrato, la realtà è che l'atletica è un viaggio splendido. "Sacrificio, quale sacrificio?" ha detto Arese di recente. "Io figlio di contadini ho corso al Medison Square Garden... mi sono venuti a prendere dall'albergo con una Rolls Royce bianca..."
Mi dico che forse Marco, Stafano e Mario qualche Claudio Seregni lo hanno conosciuto in carriera. Marco ha due figli che praticano atletica a livelli piuttosto alti. Nelle mail di Marco post-lettura di Acido c'è molta leggerezza. Per LEGGEREZZA non si intenda SUPERFICILITA' (con la superficialità non si ottiene un cazzo, mai, figurarsi in atletica), si legga serenità. Questa distinzione è importante, a pag.20 di Acido è ben specificata. Stefano Mei era tranquillo anche nello spogliatoio che raccoglieva i finalisti olimpici dei 5000 metri ai Giochi Olimpici di Seoul '88, non comprendeva il nervosismo degli altri atleti. Serenità. Consapevolezza di aver fatto il possibile. Rispettando le regole.
Segue la biografia atletica di Marco (...) e le sue impressioni su Acido.
Record italiano indoor nel 1980 ai campionati europei, 2,26 quinto classificato (che sfiga, l'anno dopo hanno vinto con 2,25).
Finalista alle olimpiadi di Mosca
Record italiano indoor nel 1983 metri 2,28, altri tre o quattro camp. europei, finale alle pre olimpiche di los angeles, Universiadi in Canada, non mi ricordo quante maglie azzurre... poi, nel pieno della mia maturità atletica, il mio tendine di achille a provato a fermare un camion in corsa ( ero fermo seduto su una moto e sono stato investito) ... ho provato a riprendermi ma, dopo 2 anni non riuscivo a saltare più di 2,19 (direi già una bella prestazione per uno storpio!!!)
“Saverio Fattori? Il solito atleta di seconda categoria che, frustrato per la sua mediocrità, comincia a sputtanare chi ha raggiunto quei traguardi che anche lui aveva perseguito”.
Questo e’ quanto potrà sentirsi dire Saverio da qualche giornalista o dirigente di dubbia provenienza…
Ma veniamo ad “acido lattico”. Un libro da leggere tutto d’un fiato, di forti emozioni, per nulla scontato e che non si accontenta della facile retorica di chi punta il dito contro.che cerca non certo un facile capro espiatorio ma che, al contrario, mette in luce le reali motivazioni che inducono giovani talenti al doping sportivo. Il protagonista inventato dall’autore viene inserito in un contesto di personaggi reali, di campioni e medici che purtroppo hanno fatto la storia dell’atletica italiana degli anni ottanta: Fulvio Costa è stato mio compagno di squadra come Cova e Mei e Donato Sabia.
Saverio si sforza di mostrare come nasce il primo impulso verso il doping, come vengono guidati giovani atleti per nulla consapevoli (ma come potrebbe essere diversamente se spesso sono addiritura degli adolescenti!!!), presi per mano da tutto l’ambiente che li circonda fino a far sembrare normale il grottesco.
Su Claudio Seregni, poco meno che un disadattato, c’è poco da dire: certamente non conosce neppure lui il motivo del suo impegno sportivo, corre e rincorre quei traguardi che altri han detto essere importanti. Non una volta, in tutto il libro, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una persona che abbia fatto una scelta consapevole. Claudio è un tronco in mezzo al mare, preso e portato lontano, senza possibilità di opporre resistenza: è proprio con ragazzi come Claudio Seregni che gli stregoni dello sport trovano terreno fertile.
Me li ricordo bene gli anni ottanta dell’atletica italiana: li ho vissuti dal di dentro, ho conosciuto i Nebbiolo e i Nebbiolini, un esercito di piccoli e grandi imbroglioni selezionati ad hoc. Non credo che sia cambiato poi molto: le facce, purtroppo, si assomigliato ancora tutte: magari con qualche ruga in più.
Della mia sportiva ho un ricordo entusiasmante: l’ho vissuta con il coraggio e l’entusiasmo dei vent’anni, un’esperienza che mi ha aiutato non poco nel proseguo della mia vita. Ho girato il mondo, affrontato e superato le mie paure, gli stadi pieni, gli avversari, me stesso… e perché no, mi sono anche divertito da matti!!!
Che bello lo sport: scontato dire che dovrebbe essere una palestra di vita, che dai miei figli mi aspetto quella perseveranza, quella ottusa volontà che li porti ad esprimere il loro potenziale, grande o piccolo che esso sia. Ma vorrei che imparassero anche a godersi quanto di bello può offrire lo sport al di là del risultato sportivo: nuove città, nuova gente, nuove esperienze e tante, tante bellissime ragazze… a costo di rinunciare a qualche centimetro o a qualche centesimo di secondo.
Complimenti Saverio!!!
Mi dico che forse Marco, Stafano e Mario qualche Claudio Seregni lo hanno conosciuto in carriera. Marco ha due figli che praticano atletica a livelli piuttosto alti. Nelle mail di Marco post-lettura di Acido c'è molta leggerezza. Per LEGGEREZZA non si intenda SUPERFICILITA' (con la superficialità non si ottiene un cazzo, mai, figurarsi in atletica), si legga serenità. Questa distinzione è importante, a pag.20 di Acido è ben specificata. Stefano Mei era tranquillo anche nello spogliatoio che raccoglieva i finalisti olimpici dei 5000 metri ai Giochi Olimpici di Seoul '88, non comprendeva il nervosismo degli altri atleti. Serenità. Consapevolezza di aver fatto il possibile. Rispettando le regole.
Segue la biografia atletica di Marco (...) e le sue impressioni su Acido.
Record italiano indoor nel 1980 ai campionati europei, 2,26 quinto classificato (che sfiga, l'anno dopo hanno vinto con 2,25).
Finalista alle olimpiadi di Mosca
Record italiano indoor nel 1983 metri 2,28, altri tre o quattro camp. europei, finale alle pre olimpiche di los angeles, Universiadi in Canada, non mi ricordo quante maglie azzurre... poi, nel pieno della mia maturità atletica, il mio tendine di achille a provato a fermare un camion in corsa ( ero fermo seduto su una moto e sono stato investito) ... ho provato a riprendermi ma, dopo 2 anni non riuscivo a saltare più di 2,19 (direi già una bella prestazione per uno storpio!!!)
“Saverio Fattori? Il solito atleta di seconda categoria che, frustrato per la sua mediocrità, comincia a sputtanare chi ha raggiunto quei traguardi che anche lui aveva perseguito”.
Questo e’ quanto potrà sentirsi dire Saverio da qualche giornalista o dirigente di dubbia provenienza…
Ma veniamo ad “acido lattico”. Un libro da leggere tutto d’un fiato, di forti emozioni, per nulla scontato e che non si accontenta della facile retorica di chi punta il dito contro.che cerca non certo un facile capro espiatorio ma che, al contrario, mette in luce le reali motivazioni che inducono giovani talenti al doping sportivo. Il protagonista inventato dall’autore viene inserito in un contesto di personaggi reali, di campioni e medici che purtroppo hanno fatto la storia dell’atletica italiana degli anni ottanta: Fulvio Costa è stato mio compagno di squadra come Cova e Mei e Donato Sabia.
Saverio si sforza di mostrare come nasce il primo impulso verso il doping, come vengono guidati giovani atleti per nulla consapevoli (ma come potrebbe essere diversamente se spesso sono addiritura degli adolescenti!!!), presi per mano da tutto l’ambiente che li circonda fino a far sembrare normale il grottesco.
Su Claudio Seregni, poco meno che un disadattato, c’è poco da dire: certamente non conosce neppure lui il motivo del suo impegno sportivo, corre e rincorre quei traguardi che altri han detto essere importanti. Non una volta, in tutto il libro, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una persona che abbia fatto una scelta consapevole. Claudio è un tronco in mezzo al mare, preso e portato lontano, senza possibilità di opporre resistenza: è proprio con ragazzi come Claudio Seregni che gli stregoni dello sport trovano terreno fertile.
Me li ricordo bene gli anni ottanta dell’atletica italiana: li ho vissuti dal di dentro, ho conosciuto i Nebbiolo e i Nebbiolini, un esercito di piccoli e grandi imbroglioni selezionati ad hoc. Non credo che sia cambiato poi molto: le facce, purtroppo, si assomigliato ancora tutte: magari con qualche ruga in più.
Della mia sportiva ho un ricordo entusiasmante: l’ho vissuta con il coraggio e l’entusiasmo dei vent’anni, un’esperienza che mi ha aiutato non poco nel proseguo della mia vita. Ho girato il mondo, affrontato e superato le mie paure, gli stadi pieni, gli avversari, me stesso… e perché no, mi sono anche divertito da matti!!!
Che bello lo sport: scontato dire che dovrebbe essere una palestra di vita, che dai miei figli mi aspetto quella perseveranza, quella ottusa volontà che li porti ad esprimere il loro potenziale, grande o piccolo che esso sia. Ma vorrei che imparassero anche a godersi quanto di bello può offrire lo sport al di là del risultato sportivo: nuove città, nuova gente, nuove esperienze e tante, tante bellissime ragazze… a costo di rinunciare a qualche centimetro o a qualche centesimo di secondo.
Complimenti Saverio!!!
Etichette: atletica leggera, MARCO TAMBERI, MARIO LEGA
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page