mercoledì 12 novembre 2008

IL SECOLO XIX.IT SU ACIDO

SE L'ATLETICA DEGLI ANTIEROI DIVENTA "NOIR”


Usciti dai prodigi e dai lampi pechinesi, si sbatte contro “Acido Lattico” di Saverio Fattori (Gaffi editore, 166 pagine, 11 euro), noir di atletica (e già questa etichetta suona come novità…), romanzo febbrile in cui far confluire la rabbia di Celine, il ritmo sincopato di Salinger, (un giovane e padano Holden che corre?) in uno scenario che, banalmente, riporta a un viaggio su un fiume così oscuro da portare nei pressi degli Inferi: Cuore di Tenebra.

Per non scostarsi da Conrad, la storia parte e non si allontana da una linea d’ombra che corre dentro l’atletica almeno quanto il Muro feriva Berlino. Il protagonista, Claudio Seregni, è un mezzofondista, bravo, non bravissimo, che sogna Pechino ed è ossessionato dal fallimento. Vive e pratica allenamenti durissimi, prova cocktail farmacologici illegali, ricerca e investiga su promesse mancate, i campioni bruciati verdi come si dice in gergo, e ne conserva i ritratti come un memento. Si imbatte in Clara, sospettata di emotrasfusione, decide di conoscerla ma quando l’incontro fisico sta per materializzarsi, lei si suicida. Sarà il rintocco finale per il requiem da imprimere su una vita passata storpiando scarpe e anima.

Nel suo percorso Claudio non vive un solo attimo di gioia, di serenità, non ha spazi di evasione, di gioco, finisce per considerare la performance come utopia della perfezione. E proprio perché utopia, irraggiungibile. O raggiungibile grazie a modalità effimere, attraverso scorciatoie pericolose, proibite. Claudio è un anti-eroe, un Jack Frusciante che non corre più in gruppo, terrorizzato dal diverso e perciò malato del virus, modernamente rafforzato, del razzismo, indifferente agli affetti consueti di cui ha provato a circondarsi, ossessionato dall’allenamento e da una dimensione che gli appare per continuare a sfuggirgli.

Fattori, bolognese di provincia, non dimentica chi è gli stato vicino in questo itinerario: uno è Sandro Donati, uno dei tecnici italiani che da almeno vent’anni ha condotto e conduce una irriducibile missione contro il doping, contro i suoi persuasori neppure troppo occulti: “Campioni senza valore”, in questo senso, rimane un’opera di riferimento assoluto fornendo la chiave di lettura di uno sport sempre più in preda a un meccanismo di ambizione-guadagno, sempre più teatro di clamorosi exploit. Chi è reduce dalle Olimpiadi e si lascia alle spalle queste pagine, prova la stessa reazione di chi dal sole piomba in una galleria con illuminazione fuori uso, una dimensione in cui la componente ludica è straniera. Un libro che può turbare, che certamente invita a riflettere. Nuovo. Per il momento, unico.

19 settembre 2008
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