giovedì 25 settembre 2008

DANILO MAZZONE SU ACIDO (PODISTI.NET)

L’acido lattico è il Peccato Originale del podista: il primo podista che osò andare forte fu punito da Dio con la comparsa, nelle sue preziose fibre, di un veleno più pericoloso delle neurotossine iniettate dal serpente a sonagli. Ma il veleno può essere anche il limite, la sottile lama del rasoio che è lì, latente, impaurisce ma seduce il protagonista di “Acido lattico”, un libro scritto dal bolognese Saverio Fattori, corridore per hobby egli stesso, presentato recentemente al Festival Pd di Genova, e seguito da uno stimolante dibattito.

TANTI TEMI

Tanti i temi suscitati dalla presentazione del libro, che racconta la vita di Claudio: “personaggio negativo, razzista, alla perenne ricerca di un ordine nella sua vita fittiziamente creato da programmi di allenamento, tabelle, esasperazioni, corse”, come sottolinea Riccardo Grozio, presidente dell’associazione “Genova inedita”. Insomma una “dark side” dello sport: “In realtà - dice Fattori, 40enne scrittore - più che carnefice è una vittima di una società dove, a 25 anni, un giovane se fa sport non po’ essere che un campione. Certi atleti sono obbligati a allenarsi tre volte al giorno. A quel punto, la sciagurata scelta chimica dell’aiuto farmacologico, del doping, è a un passo”. “Il libro è destinato a suscitare dibattiti e polemiche - dice Sergio Giuntini, milanese, storico dello sport - perché fa dei riferimenti storici all’ambiente dell’atletica lombarda degli anni ottanta dove, a alto livello, era praticata l’autoemotrasfusione”.

ATLETICA MALATA?

“Il nostro è stato il primo ambiente a sollecitare controlli antidoping - sottolinea Paolo Boretti, presidente della Fidal ligure - e adesso la situazione è migliorata. Si ha più difficoltà a fare certi risultati anche perché non si sfugge ai controlli. Inoltre lo sport è cambiato, la propaganda di sport di fatica presso i giovani è più difficile. Con tutto questo, mi inferocisco se qualcuno, ad esempio, nel caso di Brugnetti (5° nella marcia alle Olimpiadi-ndr) parla di delusione. La vittoria di Schwazer non è stata poi così valorizzata dai media. E’ anche un discorso di questo tipo”. Il libro, insomma, è intrigante perché lega la vicenda personale dell’eroe negativo perennemente insoddisfatto, al punto da consultare su Internet, con uno spirito quasi voyeuristico, le carriere degli atleti “falliti” (esorcismo della cattiva forma?), con una fetta di storia del mezzofondo italiano. L’ossessione quotidiana, ma rassicurante, della corsa contro la precarietà opaca del presente. La vita è anche questo.


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1 Commenti:

Blogger Factory ha detto...

Paolo Boretto, presidente FIDAL ligure sembrava un po' imbarazzato dai contenuti del libro. Non so, è stata un'impressione forse. In realtà il libro non è un "j'accuse" modello Gabanelli (modello che ammiro, ma non ho ambizione e competenze per queste vette). Ci sono sentenze penali, c'è una verità storica che il mio libro sfiora, ma non aggiunge molto allo "storico acquisito". Penso davvero che OGGI IN ITALIA NON CI SIA DOPING DI STATO, cioè che non ci sia un "sistema" con strategie pianificate a livello federale. Ma al di là della farmacologia non c'è proprio un "sistema" nella sua valenza positiva. Non c'è un bacino di giovani (GIOVANI) paraticanti, la base della piramide è troppo stretta per dare vita a vertici di eccellenza mondiale. Ci sono molti "cani sciolti", atleti discreti e amatori evoluti che si rivolgono a "medici senza frontiere". Non si spiegherebbero altrimenti i dati di vendita di certi farmaci. Acido corre su un filo. Non giustifica il doping nè si crogiola di indignazione ipocrita. L'intervento di Danilo a Genova mi ha permesso di chiarire questo punto. Per me la serata di genova è stata molto stimolante. Bellissima. Grazie a tutti.

25 settembre 2008 alle ore 22:24  

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